Affrontiamo un argomento molto attuale per fare chiarezza sulle parole giuste per capire meglio identità, orientamento e fluidità sessuale.
Come si definisce l’identità di una persona? Si tratta di qualcosa di molto ampio e ricco di sfaccettature, che rende unico e speciale ognuno di noi, e che comprende anche l’identità di genere, un concetto che si è delineato a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta. Negli ultimi anni se ne è fatto un gran parlare – ad esempio quando è circolata la notizia del primo bambino, nato in Canada nel 2017, a non essere indicato come maschio né femmina sui documenti ufficiali – ma non è sempre facile esprimersi nel modo corretto. Si tratta infatti di temi complessi, tra cui rientra anche quello dell’orientamento sessuale, su cui la discussione è ancora aperta e a cui la società si deve ancora adeguare, in ambito legislativo, burocratico e non solo. Per questo abbiamo voluto fare chiarezza e raccogliere le informazioni più utili per non fare confusione quando si parla di genere, identità di genere e orientamento sessuale.
Che cos’è l’identità di genere
Al momento della nascita, in base alla propria dotazione genetica sessuale, ossia in base a come si presentano gli organi genitali esterni, a ognuno viene assegnato un genere, quindi F, femmina, in caso di vulva o M, maschio, in caso di pene e testicoli. Si tratta di una definizione meramente anatomica, mentre l’identità di genere rappresenta la percezione che ciascuno ha di sé come maschio o femmina, o alle volte come appartenente a categorie diverse da maschio o femmina. Non sempre chi nasce con organi genitali femminili, cresce sentendosi femmina, così come non tutti coloro che nascono con organi genitali maschili crescono sentendosi maschi. La disforia di genere si riferisce al disagio affettivo e cognitivo in relazione al genere che ci viene assegnato e consiste in una condizione di scollamento tra sesso (o genere assegnato alla nascita) e identità di genere: riguarda tutte le persone che sentono di appartenere a un genere diverso rispetto a quello che l’anatomia assegna loro, oppure che non sentono di appartenere del tutto né al genere femminile né a quello maschile, o la cui identità di genere è fluida, oscillando nel tempo tra il femminile e il maschile. Il genere espresso da una persona va oltre a quanto ci viene assegnato alla nascita. L’identità di genere infatti è qualcosa di più ampio rispetto alle semplici caselline M o F da barrare su un certificato di nascita o su qualsiasi altro documento e può comprendere alternative che vanno al di là degli stereotipi binari (M o F). Anche se non c’è un parere unanime da parte della comunità scientifica internazionale, possiamo pensare a uno “spettro” che collega i due estremi del genere maschile e del genere femminile.
Veniamo dunque ad approfondire la questione dello “spettro di genere”: dovremo familiarizzare con molte parole inglesi, che non hanno ancora una traduzione in italiano.
Cisgender indica la condizione di uomini e donne che si riconoscono nel genere corrispondente al loro sesso biologico (in altre parole: ho la vagina e mi sento una femmina, oppure ho il pene e mi sento un maschio).
Transgender è un termine “ombrello”, indica la persona che non segue aspettative, ruoli, atteggiamenti legati al genere assegnato alla nascita.
Transessuale non è uguale a transgender, ma indica quelle persone transgender che – non identificandosi con il proprio sesso biologico – hanno iniziato un percorso di trattamento per modificare il proprio corpo verso il genere in cui si riconoscono.
Genere non binario è invece il termine adottato da chi non riconosce la costruzione binaria del genere, ovvero l’idea che esistano solo il genere femminile e quello maschile; in questa definizione rientrano sia le persone genderqueer, che si identificano in un mix personale dei due generi, sia le persone genderfluid, la cui identità di genere è fluida e oscilla tra il maschile e il femminile.
Agender indica invece le persone che rifiutano di identificarsi in un genere.
Da un punto di vista biologico, esiste anche la condizione dell’intersessualità, che riguarda quelle persone i cui cromosomi sessuali, ormoni o organi genitali non sono esclusivamente maschili o femminili.
Che cos’è l’orientamento sessuale?
Mentre l’identità di genere riguarda la percezione di sé stessi, l’orientamento sessuale ha a che fare con il modo di relazionarsi agli altri e provare attrazione romantica o sessuale per persone di un genere piuttosto che di un altro. L’orientamento sessuale non coincide con il genere: sono due cose diverse, che possono combinarsi tra loro in molti modi. Anche in questo ambito, non ci sono soltanto due caselline da barrare, ma diverse sfumature da conoscere e rispettare. Queste sfumature sono state studiate in particolar modo dal biologo e sessuologo statunitense Alfred Kinsey. Con i suoi studi, alla fine degli anni Quaranta, ha introdotto un criterio di gradualità tra i diversi orientamenti sessuali, e ha formulato una vera e propria scala, la scala Kinsey appunto, formata da sette livelli dove lo 0 indica un orientamento esclusivamente eterosessuale, il 6 indica un orientamento esclusivamente omosessuale, nel mezzo (3) si trova la bisessualità, e fra questi tre poli si trovano le relative sfumature. Vediamo nel dettaglio cosa indicano le definizioni più comuni.
Eterosessuale è chi si identifica in un genere ed è attratto esclusivamente dalle persone del genere opposto.
Omosessuale, al contrario, è chi si sente attratto dalle persone del suo stesso genere; questa definizione include donne lesbiche e uomini gay.
Bisessuale è chi prova attrazione tanto per persone di genere maschile, quanto per persone di genere femminile.
Pansessuale, invece, indica chi prova attrazione indipendentemente dal genere dell’altra persona, includendo quindi anche chi ha un’identità fluida o non binaria; la diversa sfumatura di significato tra bisessualità e pansessualità si chiarisce con l’etimologia delle due parole, perché il prefisso “bi” significa “due” e in questo caso è un riferimento ai due generi, maschile e femminile, mentre “pan” significa “tutto” e rappresenta meglio la pluralità di identità a cui si riferisce il termine pansessuale.
Asessuale, infine, è chi non prova attrazione sessuale di alcun tipo, né per le persone del genere opposto né per quelle del proprio stesso genere, pur essendo capace di provare sentimenti profondi e di stabilire relazioni importanti.
L’orientamento sessuale non è un’etichetta che dobbiamo metterci in fronte da ragazzi e portare per il resto della vita, ma è piuttosto una condizione fluida che può cambiare – poco o tanto – nel corso degli anni, anche in età adulta. Molte ricerche psicologiche e scientifiche dimostrano infatti che non è raro avere un orientamento sessuale fluido, e non c’è assolutamente niente di male. La fluidità sessuale si manifesta sia nei maschi che nelle femmine, perché la capacità di modificare le proprie tendenze sessuali è innata nell’essere umano, ma stando alle statistiche sono le donne a essere più aperte e disponibili ad accogliere questi cambiamenti. Lo stesso Kinsey riteneva che il “punteggio” di una persona nella sua scala potesse variare, anche significativamente, nel corso della vita. Può essere un’esperienza destabilizzante, non è mai facile mettere in discussione la propria identità, ma è qualcosa che non dovrebbe spaventare.
Come capire il proprio orientamento sessuale?
Esistono diversi test psicologici, ma la prima regola dovrebbe essere quella di ascoltare il proprio cuore senza pregiudizi, senza precludersi nulla solo per datati tabù e stereotipi sui ruoli di genere. E se la confusione dovesse essere tanta, in qualsiasi fase della vita, potrebbe essere utile rivolgersi ad uno specialista per essere accompagnati in un percorso di comprensione e accettazione di sé e dei propri desideri.