Dopo quanto tempo bisogna fare il test della sifilide?

Chi ha avuto rapporti non protetti e sospetta di aver contratto la sifilide può ricorrere a dei test: ecco come e quando farli

Test per la sifilide

In molti pensano che la sifilide sia una malattia che appartiene a un lontano passato e che solo sentir parlare di un “test per la sifilide” metta paura. Invece è bene rendersi conto che è ancora molto diffusa e che bisogna conoscerla, soprattutto per prevenirla. Non è una patologia da prendere alla leggera perché interessa il sistema nervoso e può portare a un decorso infausto se non curata tempestivamente. Vale davvero la pena non sottovalutarla, soprattutto considerando che la sifilide è cresciuta tra gli italiani di ambo i sessi di oltre il 400% dal 2000 a oggi.

Oggi il test per la sifilide è semplicissimo da eseguire e, nel dubbio, non c’è motivo per non procedere a questo esame. La sifilide è una malattia a trasmissione sessuale e l’uso del preservativo durante i rapporti è la migliore prevenzione.

La trasmissione avviene attraverso le ferite (ulcere) che crea in chi è infetto e che compaiono nelle zone genitali, rettali e in bocca. Attenzione quindi a ogni contatto cutaneo con queste parti del corpo! Parliamo di lesioni, ma queste per un lungo periodo non sono visibili e non provocano dolore mettendo in allarme chi è infetto. Il più delle volte, tutto ha inizio con una sorta di pallina sottopelle dove circa due settimane prima c’è stato il contatto, quindi spesso nella zona genitale. Questa è un campanello d’allarme da non sottovalutare anche se non è dolorosa. È la scintilla che innesca il diffondersi del batterio. La “pallina” presto scompare per lasciare posto, passato un periodo di latenza asintomatico, ad altri indicatori. Parliamo di piccole pustole, poi pieghette, arrossamenti che provocano prurito, rosolea, macchie rosse o scure anche su mani e piedi. Altri sintomi, che il più delle volte si presentano anch’essi a mesi dall’infezione, sono il mal di testa, occhi arrossati, infiammazione alla gola, febbre, perdita di peso. Questi compaiono nelle prime due fasi della sifilide, quella iniziale e la secondaria, alle quali segue l’ultima gravissima fase, quella terziaria, tardiva, che può portare alla morte e pertanto non si dovrebbe più neanche vedere nel mondo di oggi!

Cosa significa questo? L’uso del preservativo e un test diagnostico fatto presto possono scongiurarne la diffusione. Infatti, la persona infetta (uomo o donna che sia) potrebbe essere ignara di avere la sifilide, soprattutto in un primo stadio della malattia quando i sintomi sono lievi, spesso confondibili con altro e nella fase latente in cui sono addirittura assenti i sintomi. Quindi potremmo incontrare un soggetto del tutto inconsapevole di essere a rischio e di essere un rischio (per gli altri), pur essendo già capace di trasmettere la malattia al partner durante un rapporto non protetto, eterosessuale oppure omosessuale. Ricordiamo che le malattie a trasmissione sessuale non fanno distinzione di orientamento.

Quando fare il test dopo un rapporto considerato a rischio o dopo la comparsa di una pustolina sospetta?

La sifilide ha un tempo di incubazione che va tra le due e le dodici settimane. I test sono principalmente due, anche se spesso li si fa in modo congiunto ad altri, nello stesso momento. Il primo si chiama VDRL (sta per Veneral Disease Research Laboratory) e il secondo è il TPHA (Treponema pallidum Haemoagglutination Assay). Il TPHA va a cercare proprio la presenza del batterio che causa la sifilide, il Treponema, e ha valenza a partire almeno da quaranta giorni dopo l’infezione, anche se è consigliabile aspettarne settanta per una maggiore attendibilità, quindi molte settimane dopo il rapporto sessuale o il contatto a rischio.

Se sono comparsi dei sintomi però non serve aspettare ed è bene procedere innanzitutto a una visita e a un colloquio con un medico.



Una sifilide non diagnosticata e non trattata in modo tempestivo può nel tempo andare a danneggiare il sistema cardiocircolatorio, organi come il fegato, il cervello che è esposto a danni anche irreversibili, ossa, articolazioni e capacità motorie.

La VDRL può essere eseguita anche prima di quaranta giorni: è un test veloce, facile ed economico, ma spesso offre come risultato un falso positivo, nel qual caso bisognerà procedere a esami più specifici che confermino (oppure no) il risultato.

Potrebbero essere indicati altri test, che sono di screening o di conferma (di altri esami associati ad essi oppure già condotti con risultato positivo). Tra questi sentirai parlare di EIA (Enzyme Immuno Assay), di FTA-ABS (Fluorescence Treponemal Antibody Absorption Test) o di RPR (Rapid Plasma Reagines).

Oggi esistono in commercio test di auto-diagnosi domestica, molto simili ai test di gravidanza, solo che funzionano con un paio di gocce di sangue anziché con le urine.

Questi test non possono offrire le stesse garanzie di esami condotti e interpretati da un laboratorio medico – che analizza anche le lesioni - e trattandosi di una malattia pericolosa e grave, consigliamo di rivolgersi al proprio dottore, al ginecologo oppure a un consultorio, anche solo al comparire di una lesione cutanea sospetta. Ci sono centri appositi per la diagnosi precoce delle malattie veneree, gestiti da specialisti dermatologi e ginecologi a cui ci si può rivolgere in anonimato.

Il risultato positivo: se il test di conferma definitivo riscontrerà la presenza del batterio che causa la sifilide, si sarà sottoposti a una terapia antibiotica, la più comune è a base di penicillina. In questo caso dovranno essere avvisati tutti i partner sessuali degli ultimi tre mesi (dalla comparsa dei sintomi) perché possano a loro volta procedere a un esame diagnostico. Si diventa immuni alla sifilide dopo averla curata? No, le precauzioni continuano perché ci si può ammalare più volte nel corso della vita.

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